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Ilaria Palomba

Città metafisiche

L’odore di brace del mio giardino, di questa luce infernale l’avvento

senza corpi ci inchiodiamo nel vento.

*

Cosa rimane della luce che muta il sorriso in pianto? È un frammento di eternità non ritrovata e le cornici sono vuote apriremo il silenzio.

*

Questa volta la falesia mi ha respinta. Il castello di Otranto senza trame gotiche è una fotografia. Ero piccola e appariva

una torre esoterica, poi sono cresciuta ho visto la città sbaragliata dalle turbe, solo a settembre ricomincia a brillare.

Quando siamo qui attraversiamo memorie. Mio padre esce alle sei del mattino e cammina a lungo nella pineta,

è un bosco, la luce incide con l’acutezza di uno spillo. Ho consumato uomini e misteri dietro i tronchi di questi pini.

Mi è rimasto il ricordo delle mani e dei morsi. Ho consegnato al mare le cose non dette. L’acqua conosce

tutte le cose. Solo il mare ha memoria. Penso che arriverò alla torre e m’inginocchierò per sorgere con l’alba.


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